Dalla leggenda di San Nicola al marchio dop, scopriamo un antico cerale della terra umbra



Il farro di Monteleone di Spoleto viene prodotto nell’area a Sud est della provincia di Perugia, comprendente i comuni di Cascia, Sant’Anatolia di Narco, Vallo di Nera e Scheggino. Si tratta di una zona montana con terreni calcarei che, impedendo il ristagno dell’acqua nelle stagioni umide, conferisce ai chicchi di farro un caratteristico colore ambrato e una consistenza quasi vitrea. Parliamo di un un cereale antichissimo, prodotto ancora con una tecnica colturale tradizionale, centenaria. In autunno, il terreno viene lavorato e concimato con letame e materiale organico naturale (scarti, residui alimentari). La semina (sementi provenienti esclusivamente da coltivazioni del territorio suddetto), invece, avviene in primavera ed è fatta meccanicamente con il metodo cosiddetto a file, oppure a spaglio. Dopo mesi di lavoro, in estate finalmente il farro è pronto per la raccolta, che viene eseguita attraverso la mietitrebbiatura. Seguono così la macinatura e la conservazione del prodotto in sacchi di juta, pronti per raggiungere le rotte commerciali. Oltre al mercato locale, oggi il farro di Monteleone di Spoleto soddisfa la richiesta nazionale di supermercati e negozi specializzati, mentre per quanto concerne la vendita online sono in continua crescita le richieste provenienti dall’Inghilterra, dal Giappone e dai Paesi arabi. In cucina, il farro di Monteleone è un cereale da consumare durante tutte le stagioni, grazie alle sue qualità organolettiche. L’alto contenuto di fibra (7%) e di proteine (15%), il basso apporto calorico (335 cal./100g) e di grassi, la ricchezza di vitamine, quali A, B, C, E, di sali minerali, di calcio, ferro, rame, potassio, magnesio, fosforo, manganese e e di acidi grassi polinsaturi ne fanno un alimento leggero, nutriente, di facile digestione, rinfrescante e purificante. La cottura breve, senza ammollo preventivo, ne facilita l’uso. Può essere consumato come primo, secondo, contorno, o come piatto freddo in estate. È un ingrediente fondamentale per zuppe e minestre energetiche e rinfrescanti, oltre che per molti piatti tipici locali. Tra gli altri, la “polenta alla Valnerina”, la “ la ricetta di San Nicola” e “l’imbrecciata umbra”. Intorno al farro di Monteleone vi sono varie leggende, tra le altre quella legata a San Nicola. Si narra che il santo, prodigio delle “navi agrarie”, nato e vissuto in Asia Minore fra il III e il IV secolo, passando per Monteleone di Spoleto e colpito dalla povertà dei suoi abitanti, compì un miracolo, sfamando tutti con il farro che aveva portato con sé. Da allora, probabilmente, o più tardi, ogni anno, il cinque di dicembre, vigilia della ricorrenza del santo, divenuto nel frattempo il patrono del Paese, il parroco della città prepara nella canonica della chiesa, che porta appunto il nome di San Nicola, una minestra di farro. Cucinato in una grande pentola antica appesa sul focolare, il cosiddetto caldaio, il farro di Monteleone di Spoleto viene condito con sugo di carne magra e il giorno dopo è distribuito per il pranzo agli abitanti della cittadina e a quanti per la ricorrenza vi si riversano, soprattutto dai paesi e dalle regioni limitrofi. Una sorta di rituale per la festa patronale che piace soprattutto ai più piccoli, per l’occasione autorizzati ad uscire prima da scuola. Si dice che è proprio da questa tradizione millenaria che derivano gli appellativi di “mangiafarre” o “farrari di san Nicola” con cui gli abitanti dei paesi e cittadine vicini chiamano ancora oggi i monteleonesi. Dal 2009 al farro di Monteleone è stato riconosciuto la denominazione di origine protetta.