Emblema della cultura locale, naturalmente soffice e profumato

CLa sua fragrante crosta richiama il colore e la bontà della terra materana. Il pane di Matera, nei suoi innumerevoli formati tradizionali, dal cornetto alla pagnotta di montagna, passando per la bitorzoluta, conserva intatto un cuore soffice di mollica color giallo paglierino con sfumature oro come il grano  delle colline materane. Come prevede il disciplinare di produzione, marchio Igp che lo connota, è prodotto esclusivamente da farine di semola di grano duro del tipo Duro lucano, Capeiti ed Appulo.  Il suo particolare profumo fruttato deriva dal lievito madre ricavato dalla macerazione di polpa di frutta matura in acqua impastata con farina di semola di grano duro. Solo una piccolissima parte di lievito è di birra. Oltre al marchio Igp (Indicazione geografica protetta), il pane di Matera vanta da poco anche il marchio Dop (Denominazione origine protetta). Il suo sistema di lavorazione, dall’impasto alla cottura prevalentemente ancora a mano e al forno a legna, è antico almeno quanto la cultura che ne è depositaria, quella della civiltà contadina materana. Tutto ciò lo rende conservabile quasi 10 giorni. È unico nel suo genere per gusto, cultura e storia. Un bene primario che si contraddistingue, tra gli altri, per la sua genuinità. Calibri,;”>Merito della cultura contadina che è riuscita a non cedere alle seduzioni di una “modernità” consumistica che, a partire dagli anni del boom economico, ha privato la nostra tavola di prodotti, abitudini e gesti naturalmente straordinari: la fetta di pane, fresca o abbrustolita alla brace del fuoco del camino e condita con solo olio extravergine di oliva oppure con aglio, pomodoro ed origano per merenda è uno tra i tanti. Una cultura che, nelle sue espressioni più antiche, è testimoniata da strumenti e luoghi di gran valore che si possono ammirare nei musei cittadini e nei principali siti storici, oppure acquistare come souvenir nelle piccole botteghe del centro.
MATERA
Tra gli altri, il mortaio per la molitura del grano, scavato nel tufo dei Sassi dove la gente viveva (almeno fino al II dopoguerra in ogni casa ne era presente uno), i mulini ed i timbri di legno con cui ogni famiglia marchiava il proprio pane per riconoscerlo durante la cottura nei forni pubblici. Una cultura testimoniata altresì dai racconti della tradizione orale e da alcuni riti e gesti della produzione e consumo ancora vivi nella comunità. A tutt’oggi per i materani il pane è considerato sacro, pertanto, dalla preparazione al consumo in tavola vigono una serie di consuetudini che, specie in alcuni tratti interessanti la popolazione in età più avanzata, si pongono a metà tra sacro e magico, reale ed irreale: se dal forno esce con una crosta nera è presagio di lutto, riporlo nel paniere rovesciato porta male, gettarlo, anche se andato a male, è peccato, baciarlo appena sfornato è un gesto per ringraziare Dio ed attirare la buona sorte…

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